Palermo. Stato mafia. "Non c’è prova che Dell’Utri abbia comunicato minacce mafiose a Berlusconi"

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AgenPress – “Non si ha prova, in altri termini” che l’ex senatore di Fi Marcello Dell’Utri “nonostante le sue ramificate implicazioni nell’antefatto, abbia portato a termine quel progetto ricattatorio/minaccioso di cui pure egli aveva piena conoscenza per volere degli esponenti di Cosa Nostra ed a seguito delle sue reiterate interlocuzioni, intercorse fino a dicembre del 1994, in particolare con Vittorio Mangano”. E’ quanto scrivono i giudici della Corte di assise di appello. In primo grado Dell’Utri era stato condannato a dodici anni, in appello i giudici lo hanno assolto dall’accusa di minaccia a corpo politico dello Stato. “Muovendo dalla posizione di Marcello Dell’Utri – scrivono i giudici – si è avuto modo di osservare che difetta la prova certa che lo stesso abbia fatto da tramite per comunicare la rinnovata minaccia mafiosa/stragista sino a Berlusconi quando questi era Presidente del Consiglio dei Ministri così percorrendo quello che, per opera di semplificazione, può essere individuato prosegue la Corte di assise di appello – come “l’ultimo miglio” percorso il quale il reato sarebbe stato portato a consumazione”. “Al di là del pieno coinvolgimento di Dell’Utri nell’accordo preelettorale (o nella promessa elettorale come pure definita), – conclude – sul quale sono state raccolte plurime e convergenti elementi di conferma perfino rafforzati in questo giudizio di appello non si ha prova che a questa fase, qualificabile come un antefatto o antecedente non punibile, abbia fatto seguito la fase ulteriore della comunicazione della minaccia a Berlusconi in qualità di parte offese e di Presidente del Consiglio per ottenere l’adempimento, appunto sotto la minaccia mafiosa, degli impegni assunti dallo stesso Dell’Utri nella precedente campagna elettorale”.  “Non risulta provato che oltre alla interlocuzione Mangano (Vittorio, l’ex stalliere di Arcore ndr) Dell’Utri vi sia stata una interlocuzione di Dell’Utri con Silvio Berlusconi su questa tematica, tanto meno dopo l’insediamento del Governo Berlusconi, dovendo al riguardo ribadire, come fatto nei paragrafi che precedono ( ed ai quali continua a farsi rinvio), la differenza tra un accordo politico-mafioso tout court (per quanto in sé illecito e moralmente disdicevole) e la veicolazione della minaccia al Governo della Repubblica, soltanto questa capace di integrare la fattispecie delittuosa di cui all’art. 338 c.p. sotto il terribile ricatto della ripresa (o della prosecuzione) della stagione stragista che aveva insanguinato gli anni 1992 e 1993″. ]]>

Redazione
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